Milano in digitale 2008 – Salvatore Iaconesi

 

OneAvatar
Salvatore Iaconesi
installazione interattiva

 

 

 

 

I mondi virtuali come Second Life o World of Warcraft toccano i domini percettivi e sensoriali delle persone in modi specifici. Utilizzando (vivendo) questi mondi gli utenti provano emozioni e sensazioni cui sono abituati, ma anche di tipo completamente nuovo: ponti che vengono creati in continuazuione a livello fisico e sensoriale attraverso informazione, architettura, processi e corpi. Sistemi interattivi, tecnologie indossabili, prostetica, tecnologie incorporate in oggetti e luoghi, domotica, robot, intelligenze artificiali. Tutti elementi che portano alla progressiva eliminazione della possibilit? di concepire in maniera dualistica i concetti di organico e inorganico, di corpo e architettura, della distinzione tra memoria o pensiero e i flussi “esterni” di informazione, tra prodotto fisico e servizio immateriale. Questo ? un argomento di riflessione complesso, e rappresenta il fondamento teorico alla base di “OneAvatar”. Il progetto si avvia prendendo in considerazione queste nuove forme di sensorialit? e portandole all’estremo, evidenziando frizioni, possibilit? e, soprattutto, nuovi spazi di dialogo. Le pratiche collegate all’uso delle reti creano comportamenti specifici e analizzabili, spesso riconducibili per somiglianza o metafora a esperienze provate anche nella “vita senza internet”. Questa corrispondenza è, però, del tutto parziale, tanto che queste esperienze possono essere caratterizzate e studiate in modi specifici: nuove “tattilità”, “sensi digitali”, “sensorialità aumentate”. La distinzione diventa ovvia osservando i mondi virtuali come Second Life. Usandoli per andare in luoghi, per chattare, per interagire, per comprare, visitare o per fare sesso, proviamo esperienze che, in un “gioco semantico”, chiamiamo con gli stessi nomi delle “relative” esperienze del mondo analogico: simili, ma differenti nelle possibilità di definizione e percezione del nostro corpo e della/e nostre identità. Non possiamo farci male in Second Life, non possiamo “sentire” la superficie o la consistenza di un oggetto o di una persona; non sentiamo le carezze, il calore, il vento. L’impossibilità stessa di farsi male, ad esempio, crea una distanza fisica e percettiva dall’esperienza che modella le relazioni, le interazioni, il modo in cui “usiamo il mondo”, l’economia. Questo “corpo mancante”, questa sensazione di essere liberati dalla responsabilità di avere un corpo che si può far male, ammalare, rompere, morire, o soffrire a causa dell’inquinamento, porta una serie di concetti ad un basso livello di attenzione. Le possibilità di definizione delle identità contribuiscono a questo distacco: l’assenza di vincoli rappresenta sia una forma di libertà che una disconnessione dall’entità che impersoniamo con l’Avatar, che diventa, quindi, una rappresentazione piuttosto che una identificazione. Le esperienze diventano reali, ma anche teatrali e narrative. OneAvatar non propone un approccio etico/morale a questo genere analisi. Il progetto cerca di stabilire connessioni tra i corpi virtuali e reali per esaminare le possibilità emergenti da questo tipo di pratica. Nel primo prodotto della serie OneAvatar, parte di NeRVi (le teorie del Neo Realismo Virtuale), un video mostra l’autore durante una sessione di gioco nel mondo di Second Life, mentre indossa una serie di elettrodi collegati alla porta USB del suo computer. Il dispositivo ? controllato attraverso un software in grado di intercettare e interpretare lo stato dell’avatar, e quindi del corpo virtuale, trasformandolo in forma di pattern di stimolazioni elettriche per il corpo fisico. Quando, nel video, l’avatar salta dal cornicione di un palazzo molto alto del mondo virtuale senza attivare la modalità di “volo”, il software interpreta la grande caduta come un evento traumatico, inviando uno shock elettrico al giocatore. Si tratta, naturalmente, di una finzione scenica, visto che il dispositivo utilizza stimolazioni a basso voltaggio, che mostra, per?, una possibilità plausibile: una profonda connessione tra i corpi analogici e digitali. Con tutti i lati positivi e negativi collegati a questo genere di pratica. OneAvatar attua un processo in cui l’identità digitale converge sull’identità fisica ordinaria. In questo senso la domanda: cosa succede, a livello del linguaggio, delle emozioni e del significato, se anche ‘io’ mi faccio male quando si fa male ‘un mio Avatar’ ? diventa una domanda complessa e piena di implicazioni, sia a livello della definizione della propria identità che della descrizione dei processi relazionali.

http://www.artisopensource.net/OneAvatar/